La voce di Piero Casini, il grido della memoria

Ancora una volta, Piero Casini è riuscito a toccare le corde più profonde dell’animo con il racconto intenso e commovente delle vicende vissute dal suocero, Luciano Paoli, deportato nel famigerato campo di concentramento di Dachau, a pochi chilometri da Monaco di Baviera.

Questa volta il racconto ha preso vita nella sala consiliare del Comune di Calenzano, nel contesto delle celebrazioni per l’80° anniversario della Liberazione. Dopo un breve ma potente prologo, in cui Casini ha tracciato un quadro toccante della deportazione e dell’orrore dell’Olocausto, la narrazione ha preso corpo attraverso la testimonianza diretta. Al centro, il racconto “Tredici nomi in un cappello”: un titolo che evoca una sorte crudele e assurda.

Tredici uomini, tutti condannati per diserzione. Ma le SS, con un gesto spietatamente arbitrario, decisero di estrarre tre nomi da un cappello: a loro toccò la fucilazione. Gli altri dieci, tra cui Luciano Paoli, furono invece destinati ai lavori forzati a Dachau. Una sorte affidata al caso, come in una macabra lotteria della morte.

Nel rievocare questa storia così personale e insieme così universale, Piero Casini non si limita ai fatti. Con sensibilità e partecipazione, riesce a far emergere le emozioni più profonde di quegli istanti drammatici: la paura, la speranza, lo sgomento. E poi, il coraggio. Quello che ha permesso a Luciano Paoli di sopravvivere all’inferno e, anni dopo, trovare la forza di raccontare.

Come per molti sopravvissuti ai lager, anche per Paoli il silenzio è durato a lungo. Ma quando ha trovato le parole, lo ha fatto con lucidità e amore, trasmettendo la sua storia al genero e ai suoi cari. Oggi Piero la raccoglie, la custodisce e la condivide con il mondo, con la stessa passione e la stessa cura con cui si tramanda una memoria preziosa.

Perché storie come questa non possono e non devono essere dimenticate. Sono un monito. Un richiamo. Un’eredità viva che ci ricorda quanto sia fragile la libertà, e quanto sia importante difenderla, ogni giorno.

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